Psicoterapia Online: per chi e per cosa può andare bene

Su Internet puoi trovare le istruzioni per costruirti un fucile e fare un attentato (…); o le istruzioni da cui partire per progettare il vaccino per il coronavirus (…). Puoi isolarti dal mondo, o connetterti con il tuo mondo. 

Riccardo Luna, la Repubblica, 13 aprile 2020

Anni fa ho iniziato a sperimentare cosa significhi fare terapia online e come si possa condurla in modo efficace, quando la vita lavorativa, personale, sentimentale o altre vicende hanno portato lontano da Milano persone che seguivo nel mio studio. Ho potuto constatare come sia possibile lavorare bene, con qualche accortezza collaudata man mano nel tempo.
Penso che la terapia online sia un esempio assai significativo di come la nostra mente, i nostri assetti, il nostro modo di costruire e mantenere le relazioni, si trasformino rapidamente e profondamente sotto l’influenza e grazie agli sviluppi tecnologici.

Le settimane di lockdown da Covid-19 hanno dato spunti potentissimi per cambiamenti e adattamenti necessari anche nella professione dello psicoterapeuta: quello che già praticavo da tempo, come altri colleghi, con alcuni pazienti, è diventato durante il lockdown l’unico modo possibile di fare le sedute per qualunque psicologo che lavori privatamente, nel senso dell’unico modo a mio avviso sicuro per tutti e rispettoso degli sforzi che la popolazione italiana si è trovata a fare.
Se ci pensiamo, una seduta online a livello di interazione personale non è qualcosa di così totalmente lontano da quello che, con tutta probabilità, già abbiamo sperimentato nella nostra vita di relazione: molto facilmente abbiamo già provato la piacevole sensazione di dialogare via Skype con un amico che vive lontano, sentendolo vicino, percependo il calore del rapporto che ci lega. Abbiamo parlato magari delle nostre preoccupazioni e delle nostre paure con un’amica a chilometri di distanza, sentendoci compresi e sostenuti. O può esserci capitato di conoscere qualcuno online o iniziare a sentirlo dopo esserci incontrati solo una volta e instaurare un rapporto significativo nel tempo. Non è una distanza così forte da sentire l’interazione come fredda perché mediata dal video.

Certo può essere più semplice instaurare una relazione terapeutica incontrandosi in studio, ma con qualche accortezza e qualche sforzo in più da parte di entrambi, anche in una situazione che nasce fin dal suo inizio online, terapeuta e paziente possono fare un buon percorso. Quando poi c’è già un minimo di conoscenza pregressa, da qualche seduta a una consuetudine di lavoro psicoterapeutico insieme, è tendenzialmente più semplice.
Durante il periodo di quarantena, con un’evidenza ancora maggiore, ho constatato quotidianamente come una seduta possa essere altrettanto efficace, profonda, intensa e possa toccare i nodi salienti della persona anche se mediata da un video. Ho in mente diverse sedute passate, prima del Covid-19 e tante più ancora, successive alla sua comparsa, in cui ho visto i miei pazienti affrontare tematiche molto delicate e dolorose per loro, mettendoci l’anima, affidandosi ad una connessione che doveva fare a meno dalla presenza fisica concreta della loro terapeuta.

Perché la terapia online funziona?

Ci sono parecchi aspetti della comunicazione non verbale che sono salvaguardati nelle sedute online: lo sguardo, l’espressione del viso, i movimenti del corpo, il tono della voce, il suo ritmo, le pause, i silenzi, le lacrime, le risate, i sospiri e tanto altro ancora. E tutto questo aiuta!
Può essere richiesta una concentrazione maggiore, al terapeuta come al paziente, e una capacità osservativa del terapeuta più allenata e più fine, ma concentrazione di entrambi e capacità osservativa del terapeuta sono ingredienti centrali anche delle sedute in studio.
Certo ad una persona può mancare la presenza fisica reale del terapeuta perché, attraverso lo schermo, uno sguardo, un gesto possono essere meno immediati, perché a volte una stretta di mano, un tocco sulla spalla, servono. E ad una persona può pure mancare la stanza di terapia, come quel luogo in cui sentirsi liberi di esprimere quello che emerge, dove a volte vengono depositate le parti più dolorose per riappropriarsene man mano in modo più funzionale e meno sofferto. Tuttavia ho sperimentato con i miei pazienti come possa essere anche molto stimolante che una persona viva la seduta nella propria casa, nel proprio ambiente, un luogo in cui si sente quantomeno a suo agio in molti casi e spesso pure al sicuro e protetta.
Per alcune persone che hanno difficoltà ad uscire di casa perché vivono attacchi di panico, agorafobia, claustrofobia, depressione, o che si sono isolati socialmente, o che hanno forti impedimenti fisici, paradossalmente, l’unico modo che inizialmente è accessibile per loro, e/o che permette loro di mantenere un senso di sicurezza sufficiente, un’esposizione tollerabile, è quello della psicoterapia online.

Nei colloqui online, le difficoltà e di conseguenza la necessità di trovare accortezze possono riguardare la privacy della persona in terapia, che ha bisogno di esprimersi liberamente senza avere il timore che quanto dice possa essere ascoltato da altri, in primis le persone che eventualmente vivono con lei/lui. E naturalmente un paziente ha bisogno di potersi fidare pure dell’eticità del suo terapeuta, che è il garante del fatto che le sedute, lato suo, non vengano in alcun modo ascoltate da altri.

Quale SETTING?

Il setting (che è l’assetto in cui si svolge la seduta) è prima di tutto nella mente del terapeuta, mi hanno insegnato i miei maestri all’inizio della formazione più di un ventennio fa, e penso che rimanga un concetto solido e valido tuttora. E più che mai in un percorso online, in cui appunto la fisicità sia della stanza dell’incontro di terapia, che del terapeuta che del paziente si dematerializzano, mediati da uno schermo, dislocandosi su piani diversi, a chilometri di distanza.

Cosa significa che il setting è per prima cosa nella mente del terapeuta?

È prima di tutto l’assetto mentale del terapeuta a mantenere il setting, cioè un assetto della terapia coerente e sufficientemente rigoroso che si fonda sulla modalità di ascolto del clinico, sul suo modo di lavorare in seduta. Poi c’è un assetto altrettanto importante che è costruito insieme da terapeuta e paziente, basato sullo specifico progetto terapeutico proposto dal clinico dopo le prime sedute, ma condiviso poi da entrambi, fatto di obiettivi terapeutici, tematiche su cui un paziente ha la necessità di soffermarsi, per poter sciogliere i nodi di sofferenza e di disagio in sé stesso e nelle sue relazioni. È come una mappa del percorso, naturalmente non fissata rigidamente ma che comunque consente di tenere con chiarezza il filo delle sedute. Questi aspetti sono fondanti anche dell’assetto della seduta online.
C’è poi l’assetto temporale, il tempo dell’incontro concordato, che comunque, anche se online, è un appuntamento, magari fisso come giorno e orario, comunque stabilito e atteso.

Ritengo che la condizione migliore per una psicoterapia online sia quella di avere anche un momento di conoscenza di persona che, se risultasse impossibile in una fase iniziale, sarà immaginato come un momento in cui ci si incontrerà vis a vis successivamente, o se possibile, sarà concepito come una prima seduta dal vivo. Se praticabile, potrebbe essere comunque utile prevedere poi periodiche sedute di persona.

Cosa manca?

Quello che viene in qualche modo a mancare, oltre al contatto personale naturalmente, è una parte della ritualità della seduta, il viaggio che una persona fa per andare in terapia, lo spazio della sala d’attesa, il tempo che precede la seduta, momenti che per i pazienti sono sovente una sorta di entrata graduale nello stato mentale della seduta stessa. Allo stesso tempo, vengono meno l’uscita dallo studio, il viaggio di ritorno, con tutti i possibili pensieri fluttuanti successivi al colloquio. L’entrata e l’uscita dalla seduta possono essere prive di quella dimensione di transizione e quest’assenza di gradualità può essere faticosa per qualche persona. Terapeuta e paziente possono individuare insieme dei modi affinché la transizione non avvenga troppo bruscamente, per esempio dedicando qualche attimo iniziale e finale della seduta a quegli aspetti che permettono una progressione più dolce dell’inizio del colloquio e a quegli aspetti che ne consentono una conclusione meno netta. Terapeuta e paziente possono anche pensare a quali strategie e quali accortezze una persona possa praticare per conto suo, magari ricavandosi qualche momento “cuscinetto”, qualche anticamera del prima e dopo seduta, senza chiudere solo un istante prima l’attività che precede la seduta e senza ributtarsi subito nell’attività successiva.

Quali controindicazioni?

La principale controindicazione è l’opposizione interiore che una persona sente all’idea di lavorare online. Se una persona invece teme di essere a disagio ma non è contraria di fondo all’idea, e se non ha altre possibilità per dislocazione fisica o per condizioni esterne, come il lockdown da Covid-19, può essere una buona strategia provare a fare un primo colloquio online e vedere come ci si trova, cioè se il disagio che si immaginava si rivela più lieve del previsto. Mi è capitato sovente che una persona che nutrisse quei dubbi, abbia detto con sollievo a fine colloquio, e poi anche nel tempo, che è stato più semplice di quanto pensasse.
Le altre controindicazioni possono riguardare delle valutazioni fatte insieme al terapeuta sulla base della situazione clinica della persona e dello specifico percorso che potrebbe esserle maggiormente d’aiuto, magari non adatto alla terapia online.

EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) online?

Pratico online la psicoterapia Emdr (vedere Curare il trauma: la psicoterapia EMDR) già da diversi anni e man mano con i miei pazienti ho trovato modi per renderla tranquillamente e efficacemente utilizzabile. E con l’intensificarsi del lavoro online ne ho ora un’ulteriore prova molto significativa.

Inoltre penso sia un vantaggio potente per una persona in crisi, essere supportato da un terapeuta che sia attrezzato per affrontare con i suoi pazienti le tematiche legate ai traumi. E questo è ancora più vero quando capita poi che la situazione contingente ci esponga a possibili molteplici traumatismi, come i morti per Covid-19, le angosce di contagio, la solitudine dello stare soli in quarantena in casa, il complicarsi delle relazioni nello stare continuamente tutti, 24/24, 7/7 in casa, l’impossibilità di vedere i propri cari che vivono in un altro comune, regione o nazione e che magari sono stati contagiati o sono soli e anziani, il bombardamento di notizie negative, la condizione di allerta sanitaria prima di tutto e poi anche economica, lo stato di incertezza sul futuro che ci aspetta. E i nostri traumi personali passati possono pure risuonare con quello che sta avvenendo nella quotidianità stravolta. L’Emdr è una grande risorsa in questo senso, un alleato più che mai importante per il terapeuta e il suo paziente in tempi particolarmente duri.

I bambini, gli adolescenti e le coppie in percorsi online?

I bambini sono assai più flessibili di noi adulti, si adattano più rapidamente a modalità diverse e, se sono in età scolare, possono già avere una certa dimestichezza con le videochiamate. (Prima di quell’età ritengo che la psicoterapia online non sia adatta.) L’emergenza da Covid-19 ha contribuito a rendere parte integrante della loro vita le videolezioni con i compagni e le maestre, le Skype call con i nonni, giocare online con gli amici.

Gli adolescenti sono ancora più avvezzi a quel modo di comunicare.

Con queste fasce di età evolutiva ed adolescenziale, ho constatato come si possano fare sedute online con accortezze che si possono escogitare con i giovani pazienti di volta in volta, di caso in caso. Un bambino può esprimersi attraverso il disegno e poi condividerlo con me attraverso il video, mostrandomelo; può andare a prendere una fotografia del nonno morto di cui mi sta parlando sulla mensola della sala per farmela vedere; può decidere di mettersi di fianco il suo “acchiappasogni” mentre mi racconta l’incubo che ha fatto l’altra notte; può essere consolato dal suo cane che gli lecca la faccia vedendolo piangere mentre mi parla della nonna che è in ospedale; può costruire una squadra di supporto con gli animaletti di gomma che ha a casa che possano tornare a sostenerci di seduta in seduta.
Un adolescente può fare la seduta nella sua stanza, il luogo in cui si rifugia quando litiga con i genitori, o quando ha bisogno di isolarsi per sentirsi libero, o per pensare alla sua fidanzata. L’unico luogo magari (per un adolescente che si sia ritirato socialmente) in cui riesca a sentirsi al sicuro, se la relazione con gli altri, coetanei inclusi, è fonte di angoscia. E può accettare inizialmente solo una modalità online di incontro.

Una coppia, i cui membri magari vivono in due città diverse e che si vede solo il weekend, può fare delle sedute online anche collegandosi da luoghi diversi: le stanze dell’incontro in questo caso si moltiplicano. Mi è capitato di fare sedute con coppie che dovevano stare a distanza per motivi di quarantena, collegati online da stanze diverse della stessa casa.

Mi rendo conto che anni fa avrei fatto pensieri diversi e avrei scritto cose diverse, ma la vita e le esperienze con cui ci si incontra portano in direzioni che mai avremmo immaginato. E il Covid-19 ce lo sta dimostrando.