L’ansia

L’ansia è un sintomo trasversale a molteplici problematiche psicologiche e si connette ad una varietà di diagnosi possibili ma quel che conta veramente è la comprensione delle sue origini. Oltre ad essere uno stato emotivo, l’ansia si traduce frequentemente in sensazioni fisiche abbastanza caratteristiche che possono prendere una o più delle seguenti forme: avere un peso sul petto, sentire un restringimento alla bocca dello stomaco, avere mal di pancia, percepire uno stato di tensione muscolare (alla schiena, alle gambe, all’addome …), avere mal di testa, sentire affanno, provare un senso di vertigine, avere la testa vuota…

Al di là delle specifiche manifestazioni, è fondamentale quindi individuare quali siano le cause centrali dell’ansia per poter tracciare un idoneo percorso di cura: a volte le origini dell’ansia sono fin da subito chiaramente identificabili, a volte sono più nascoste.

Il ricorso agli psicofarmaci (categoria: ansiolitici) può alleviare lo stato di ansia, senza però incidere sulle radici dell’ansia stessa. Questo invece avviene attraverso un percorso di psicoterapia o di sostegno psicologico.

Focalizzandoci sulle origini dell’ansia, ritengo si possano tratteggiare alcune categorie che cercherò ora di sintetizzare, senza intenti di esaustività. Le categorie che qui di seguito delineo hanno talvolta aree di sovrapposizione le une alle altre e uno scopo semplicemente orientativo.

Ansia legata a stati di conflitto interiore

Uno stato di conflitto è una situazione in cui i propri desideri e le proprie aspirazioni assumono, se realizzati, un significato a livello profondo che li rende “pericolosi” dal punto di vista emotivo. Qualsiasi movimento in direzione della realizzazione della meta cui consapevolmente una persona tende, si accompagna, in tali casi, all’emergere di uno stato di ansia. Di conseguenza si vive uno stato di grande fatica o, al limite, di “scacco” continuo rispetto ai propri desideri. Esemplificazioni di questa condizione possono essere resi con descrizioni come: “Desidererei moltissimo poter dire la mia quando mio padre prende delle decisioni che coinvolgono tutta la famiglia. Ma ogni volta che anche semplicemente immagino di farlo mi prende un’ansia che non riesco bene a comprendere”. Ad esempio può essere che questa persona e la sua famiglia di origine vivano il confronto tra opinioni diverse come scontro e lo scontro come rottura inevitabile del rapporto. Dire la propria opinione equivale a livello fantasmatico in tal caso a spezzare il legame con il proprio padre. Un altro esempio di conflitto interno può essere desiderare un figlio ma essere terrorizzate dall’idea di diventare come la propria madre. È come se ci fosse un’equivalenza del tipo: “se divento madre divento mia madre”. Nel percorso di cura è basilare individuare il o i conflitto/i interiori, per arrivare gradualmente ad un suo/loro superamento.

Ansia in risposta ad un mutamento potenzialmente positivo nella propria vita

(ad esempio una promozione lavorativa, una gravidanza desiderata, una nuova relazione sentimentale, una nuova fase del proprio percorso di crescita…). L’ansia insorge, in modo apparentemente paradossale, in seguito al verificarsi di un evento che può modificare la propria vita in senso potenzialmente positivo. In alcuni casi l’ansia insorge perché la persona teme di non avere sufficienti risorse personali per affrontare il cambiamento di fronte a cui è posta: “Ho tanto aspettato questa promozione, ma ora ho il terrore di deludere tutti“; “Volevamo un bambino e l’abbiamo cercato. Ora che sono incinta però ho il timore di non essere in grado di affrontare un cambiamento così forte nella mia vita“. In altri casi, quell’evento potenzialmente positivo ha un significato inconscio (o non del tutto conscio) che lo rende temuto: per esempio un passo di autonomizzazione dalla propria famiglia d’origine può ricollegarsi a livello inconscio ad un altro momento in cui la ricerca di autonomia ha coinciso con una malattia grave di un genitore; crescere potrebbe equivalere inconsapevolmente in tal caso a far morire i propri genitori. L’intervento terapeutico rispetto a tale categoria d’ansia potrebbe riguardare in particolare l’elaborazione delle emozioni di paura, di mancanza di fiducia nelle proprie capacità o l’identificazione ed elaborazione del significato inconscio dell’evento che diviene temuto anziché essere accolto positivamente.

Ansia in risposta ad un evento negativo, anche potenzialmente traumatico, della propria vita

(ad esempio un lutto, una separazione, un licenziamento, una violenza, una malattia…). La persona ha la sensazione che l’evento nella sua portata emotiva abbia travolto le sue capacità di fronteggiamento. “Da quando mi hanno diagnosticato il tumore al seno, vivo in uno stato di ansia perenne, anche se il nodulo era piccolissimo e l’operazione è andata molto bene secondo il chirurgo…“. Se nulla può essere fatto rispetto a quanto è di fatto avvenuto (lo svilupparsi di una malattia, la perdita di una persona affettivamente importante, …), tuttavia un significativo lavoro terapeutico può essere fatto sul modo di vivere l’accaduto e sulle emozioni che ne conseguono. In caso di malattia in particolare, secondo la mia esperienza clinica, il lavoro psicologico può avere una rilevanza anche rispetto all’andamento della condizione fisica perché tra mente e corpo esiste un dialogo costante fatto di sottili equilibri.

Ansia legata a una crisi rispetto alla propria identità

Se il proprio progetto di vita viene interiormente messo in discussione in qualche sua porzione (le scelte sessuali, l’ambito lavorativo, gli ideali e i valori, …), può scaturirne uno stato di ansia connesso presumibilmente all’aprirsi di un orizzonte differente, potenzialmente spazio creativo ma inizialmente vissuto con disorientamento, talora anche con senso di vuoto. “Fino a poco tempo fa mi sembrava di sapere chiaramente cosa volevo, cosa cercavo.

Ora invece sento che tutto questo non mi soddisfa più. Però non so da che parte cominciare… E questo stato mi manda in ansia, per non dire che mi terrorizza!” Il percorso di cura è fondato sulla costruzione della nuova identità che non può essere una demolizione totale di quanto c’era prima quanto una specie di cernita tra quanto tenere, quanto riciclare e quanto abbandonare delle precedenti posizioni.

Ansia connessa al timore di essere abbandonati

Alcune persone vivono più o meno costantemente nel timore di essere abbandonati dalle persone affettivamente rilevanti della propria vita. La fiduciosa attesa che le persone con cui stabiliamo dei legami significativi non ci pianteranno in asso all’improvviso è uno stato mentale le cui basi poggiano sulle prime relazioni della propria vita. È quello che in termini clinici si definisce un “attaccamento sicuro”. L’attaccamento è prima vissuto in relazione alle proprie figure di riferimento dell’infanzia e successivamente diventa il modello interno con cui si affrontano le relazioni rilevanti in termini emotivi.

Chi ha sviluppato un “attaccamento insicuro” ha “imparato” ad aspettarsi che gli altri siano imprevedibili e inaffidabili, o in alternativa poco disponibili affettivamente, distaccati. Ad esempio una persona che abbia avuto una madre con problematiche personali che la assorbivano può aver sperimentato un accudimento in cui i propri bisogni emotivi non hanno trovato una risposta, o l’hanno trovata in modo assolutamente discontinuo, oppure può aver sentito che c’era un’attesa nei propri confronti di diventare, in un ribaltamento di ruoli, il figlio piccolo che si prende cura della propria madre, a cui è chiesto di fungere da “antidepressivo”.

Nella vita adulta tutto ciò può significare attendersi dagli altri le stesse richieste, lo stesso trattamento. Da un lato il rischio è di scegliere partner (o amici) che effettivamente confermino quelle attese perché veramente respingenti o inaffidabili dal punto di vista affettivo; da un altro lato il rischio è di sommergere l’altra persona, in realtà coinvolta e presente, con le proprie angosce e i propri fantasmi, finendo per suscitare un rifiuto che ancora una volta conferma le attese ma che di fatto è auto prodotto. Il percorso di psicoterapia in tali casi si fonda sull’analisi delle rappresentazioni di sé, dell’altro e del legame, nonché sull’analisi del proprio auto-sabotarsi.

Ansia legata al bisogno di controllare

É una forma di ansia che si collega ad una necessità di avere il controllo pieno e totale degli eventi. Si presenta in persone che entrano in crisi quando sono poste di fronte a situazioni che implicano un grado più o meno significativo di incertezza.

Il bisogno di controllo può collegarsi a diverse tematiche: timore di lasciarsi andare da un punto di vista emotivo (ad esempio: rimanere molto controllati nell’espressione della rabbia); paura di venire traditi rispetto alla propria fiducia (ad esempio: esercitare un forte controllo sul partner); terrore di perdere i punti di riferimento, di “impazzire”.

Siccome non si può avere il controllo completo delle azioni degli altri, dei loro pensieri, dello svolgimento di eventi che non dipendono solo da noi o che implicano inevitabilmente un margine di imprevedibilità, l’ansia finisce in questi casi per emergere in molteplici situazioni.

Ansia da prestazione

Questa forma d’ansia può riguardare aree differenti come la sfera lavorativa, quella sessuale, o divenire una forma più pervasiva che coinvolge molteplici aspetti della propria vita. La sensazione è quella di dover di dimostrare agli altri (colleghi, capo, partner, a volte la maggior parte delle persone con cui ci si confronta) le proprie capacità, come se ci si sentisse costantemente sotto esame. “Appena metto piede in ufficio, mi sale un’ansia terribile.

Vorrei dimostrare che sono in grado di fare bene il mio lavoro, ma mi blocco. È come se non sapessi più nulla di nulla… E la cosa pazzesca è che quando sono a casa tutte quelle cose su cui mi blocco mi riescono tranquillamente…“. La cura si fonda sull’individuazione delle cause che sono alla base dell’ansia da prestazione e sull’elaborazione degli aspetti emotivi connessi. Ad esempio dalla narrazione che una persona fa della propria storia, può emergere l’immagine di un padre che abbia fatto vivere al figlio una svalutazione aperta o viceversa più sottile, oppure l’immagine di un padre che si sia costantemente posto in un atteggiamento di competizione schiacciante verso il figlio adolescente.

Ansia legata all’insorgere di cambiamenti all’interno del proprio contesto familiare

Se un mutamento è in atto all’interno della propria famiglia (d’origine o quella che si è creata uscendo da quella originaria), possono svilupparsi stati di ansia connessi alla trasformazione degli equilibri noti e in quanto tali rassicuranti (anche se magari causa di disagio o sofferenza).

Una moglie potrebbe dire: “Abbiamo vissuto in funzione dei nostri figli. Ma ora che anche l’ultimo è uscito di casa ci ritroviamo di nuovo io e mio marito soli. Ma sono passati trent’anni da allora. E a me sta venendo un’ansia che non mi aspettavo”. Un marito potrebbe dire: “Mia moglie è sempre dipesa da me. Io me ne sono spesso lamentato, desiderando che lei si mostrasse più adulta. Ora che ha iniziato a farlo, io mi sento completamente disorientato… Mi sembra quasi di dipendere io da lei: se esce da sola con le amiche mi sale un’ansia pazzesca…“. La cura in tali situazioni può essere un percorso individuale in cui comprendere le ragioni profonde dell’ansia, o un percorso familiare o di coppia per costruire un nuovo equilibrio tra i soggetti coinvolti.

Ansia che si presenta in specifiche e circoscritte situazioni (chiamata tecnicamente “fobia semplice”)

Esistono tante fobie specifiche che vanno dalla fobia per un certo tipo di animale (es. ragni, cani, …), alla fobia per il sangue, alla fobia per certi oggetti (gli aeroplani, i treni, …). Le manifestazioni d’ansia possono essere più o meno forti e le conseguenze più o meno invalidanti per la vita di una persona.

Ben diverso per esempio è il terrore di prendere l’aereo che colga una persona che debba prendere l’aeroplano solo se vuole fare una vacanza lontano o che colga viceversa una persona che abbia necessità di viaggiare in aereo per motivi professionali. Oppure per una persona che viva in Italia sicuramente di diversa entità sono le conseguenze di una fobia dei cani rispetto ad una fobia dei serpenti, essendo questi ultimi assai più rari da incontrare rispetto ai primi. Quando la fobia ha alla base delle ragioni inconsce che rendono angoscioso un certo animale, un certo oggetto o una certa situazione: il punto centrale del lavoro è l’individuazione del nesso tra l’animale (o l’oggetto o la situazione) e il suo significato simbolico per la persona che soffre della fobia in esame.

Altre volte la connessione ha a che fare con qualche esperienza passata in cui effettivamente quell’animale o quell’oggetto è stato associato ad un qualche tipo di evento spiacevole, direttamente o anche indirettamente collegati all’animale o all’oggetto. Ad esempio una fobia per i ragni può rivelare un simbolismo inconscio di tipo sessuale: tuttavia, creato il nesso, il lavoro non si esaurisce. L’attenzione si sposta a quel punto su come la persona vive la propria sessualità, su cosa c’è di temuto e allo stesso tempo che cosa c’è di desiderato in quella sfera e quali conflitti si generano di conseguenza. Oppure una fobia per un cibo può connettersi con un’esperienza magari anche lontanissima nel tempo e parzialmente dimenticata in cui nell’infanzia c’è stato un qualche rischio di soffocamento con quel cibo o uno simile.

Ansia rispetto alle situazioni di interazione sociale (include la “fobia sociale”)

L’interazione con gli altri può divenire particolarmente temuta, a volte specialmente in situazioni pubbliche, altre volte in situazioni di interazione con chi rappresenta l’autorità, altre volte ancora con persone semplicemente non familiari. All’origine di queste forme di ansia possono esserci aspetti come la timidezza spiccata, il timore del confronto con gli altri, vissuti di inferiorità, insicurezze di varia natura, stati di conflitto interiore rispetto alle figure di autorità. Il percorso di cura avrà declinazioni differenti, dopo che l’origine sia stata individuata in modo adeguato.

Ansia connessa a disturbi ossessivi e compulsivi (ossessioni e compulsioni)

É un’ansia che accompagna i pensieri ossessivi o che precede la messa in atto delle compulsioni (azioni compiute ripetutamente e/o ritualmente). I pensieri ossessivi sono pensieri intrusivi che irrompono e invadono la mente con la loro ripetitività e con la sensazione da parte della persona di non poterli interrompere. Quei pensieri sono riconosciuti comunque come propri, cioè costruiti dalla propria mente. L’ansia insorge per esempio come timore ripetuto di poter fare del male a qualcuno o senza volerlo o per perdita di controllo su di sé (tipo far del male al proprio bambino, investire qualcuno guidando) senza che la persona sia effettivamente una persona impulsiva (tutto rimane su un piano puramente mentale e non si traduce in azione).

Le compulsioni sono azioni fatte ripetutamente e/o ritualmente che sono percepite come fortemente costrittive, nel senso che se non vengono messe in atto producono un considerevole aumento dello stato di angoscia (ad esempio dover ripetutamente lavarsi le mani, dover ripetutamente accendere e spegnere la luce). Alla base di queste problematiche ci sono stati di conflitto interiore che è necessario individuare ed elaborare durante il percorso di psicoterapia.

Ad esempio la compulsione a lavarsi continuamente le mani può avere alla radice un conflitto tra la sessualità e i desideri ad essa connessi e un’angoscia nel riconoscere dentro di sé in modo consapevole quei desideri vissuti come “sporchi”, “deplorevoli” e comunque sostanzialmente sentiti come “pericolosi”. Nel corso della cura si potrebbe arrivare a comprendere ad esempio che per una determinata persona inconsapevolmente ci sia una sorta di equivalenza tra desiderare una donna e desiderare la propria madre per una confusione sempre naturalmente inconsapevole tra passato e presente, tra sé stesso bambino e sé stesso uomo adulto. Quindi qualsiasi pensiero dal contenuto sessuale diventa un pensiero che a livello inconscio è rivolto alla propria madre e quindi inaccettabilmente incestuoso.

Qualche accenno sulle manifestazioni d’ansia nel bambino

L’ansia in un bambino può manifestarsi in modo sostanzialmente simile a quella di un adulto. Questo significa che può essere espressa su un piano emotivo o attraverso canali corporei (ad esempio il mal di pancia di un bambino che vive uno stato di angoscia rispetto alla scuola). Tuttavia vi è un’espressione di disagio caratteristica dei bambini: l’ansia da separazione. Si tratta di una forma d’ansia che riguarda le situazioni di distacco temporaneo del bambino dalle proprie figure di riferimento primarie. Ad esempio un bambino può angosciarsi nel momento in cui al mattino si separa dalla mamma o dal papà per entrare alla scuola materna, oppure nel momento in cui alla sera rimane solo nella sua cameretta per addormentarsi.

Nella mia pratica quotidiana incontro parecchi genitori che mi raccontano la loro difficoltà a far addormentare il figlio nel suo letto; la “soluzione” scelta allora è quella di tenere il figlio nel lettone dei genitori (talvolta anche con il trasferimento di uno dei due genitori in cameretta). Nell’analisi di quanto vivono i genitori e di quanto vive il loro bambino non di rado emerge che i genitori stessi fanno fatica a lasciar crescere il figlio, hanno piacere nel tenerselo nel lettone, o lo “utilizzano” come ammortizzatore di una crisi di coppia.

Il rischio è però che quella situazione impedisca un sano processo di crescita del bambino: si genera una confusione di ruoli, con messaggi contraddittori che nel bambino suonano più o meno così: “sono molto piccolo perché non sono capace di stare da solo nella mia camera ma sono pure grande come mamma e papà perché sto nel letto dei grandi“. Allora sovente il figlio non accetta i limiti, i “no” dei genitori, a volte neppure le regole della comunità (scuola materna, scuola elementare); oppure fatica a confrontarsi con i coetanei perché non accetta che non facciano come vuole lui (ad esempio decidano di fare giochi diversi da quelli che vuole fare lui); oppure nel bambino si moltiplicano quelle paure che i genitori speravano di frenare tenendo il figlio nel lettone. A volte l’ansia da separazione può tradursi in un bambino nell’angoscia che ai propri genitori possa capitare qualcosa (avere un incidente, morire).

Pertanto la cura nel caso di un bambino non può prescindere da un lavoro psicologico con i suoi genitori, sia per la naturale dipendenza di un bambino dal suo contesto familiare, sia per l’importanza di comprendere quanto quel bambino stia facendosi portavoce di un malessere e di una sofferenza familiare.

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Qualche accenno sulle manifestazioni d’ansia nell’adolescente

Nell’adolescente stati di ansia possono insorgere abbastanza frequentemente per le numerose richieste che quella fase di vita pone ad un ragazzo. Vi sono trasformazioni così rapide da suscitare a volte angoscia: ad esempio il corpo si trasforma velocemente e la sensazione di una ragazza può essere quella di ritrovarsi troppo rapidamente a passare da bambina a donna, senza poter controllare nulla del proprio fisico in mutamento.

Un ragazzo può sentirsi improvvisamente parlare con il timbro di voce del padre. Ci sono momenti in cui un adolescente può non riconoscersi, anche nelle proprie reazioni emotive, trovandosi a volte a desiderare la vicinanza affettiva dei genitori, le coccole, a volte a respingerli con altrettanta intensità. Tutto ciò disorienta non solo l’adolescente ma anche i suoi genitori. Non a caso l’adolescenza è definita “una nuova nascita”.

Tuttavia stati temporanei di ansia possono in alcuni casi trasformarsi in un’ansia più costante o più intensa. I conflitti interiori legati alla propria identità in costruzione sono sovente alla base del disagio psicologico che emerge sotto forma d’ansia. Con i ragazzi il lavoro di psicoterapia è centrato sull’identità e sulle sue trasformazioni. A volte il percorso di cura è breve perché all’adolescente può essere sufficiente fare un po’ di chiarezza in se stesso per poi riprendere il proprio percorso di evoluzione che si era temporaneamente bloccato o rallentato.

In contemporanea può essere indicato un percorso per i genitori che vivono aspetti di angoscia a propria volta o che hanno quantomeno bisogno di comprendere meglio cosa stia vivendo loro figlio.

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