La Depressione Post Partum: come riconoscerla

La Depressione Post Partum è un concetto talvolta frainteso e abusato, che crea una sorta di timore diffuso tra le donne in gravidanza. Tante arrivano a chiedersi se una depressione post partum possa venire così dal nulla, senza segnali e senza premesse, o quasi “semplicemente” e inesorabilmente come conseguenza di uno scombussolamento ormonale. La depressione post partum è solo uno dei differenti aspetti clinici che possono emergere dopo la nascita di un figlio. Benché tale concetto possa servire come specifica categoria diagnostica di tipo sintomatologico, tuttavia il punto centrale rimane la comprensione di quali conflitti emotivi siano presenti nella donna ossia nella sua storia emotiva, quali dinamiche all’interno della coppia siano state risvegliate o accentuate o generate dalla nascita del neonato, quali rappresentazioni del medesimo stiano costruendo interiormente i suoi genitori, quali dinamiche siano in atto nella famiglia allargata.

Qualche chiarimento epidemiologico e diagnostico può comunque aiutare ad evitare alcune interpretazioni errate. Innanzitutto c’è una differenza sostanziale tra il fenomeno chiamato “baby blues” (o anche “maternity blues”) e la diagnosi di depressione post partum. Il baby blues è una manifestazione passeggera, che dura da alcune ore a qualche giorno, di stati quali crisi di pianto, oscillazioni dell’umore, ipersensibilità. Le numerose trasformazioni fisiche, psicologiche, relazionali legate alla transizione dalla condizione di gravidanza, al parto e al dopo parto hanno un impatto piuttosto potente che può tradursi temporaneamente in un discreto numero di casi in baby blues: a livello epidemiologico fino al 70% delle donne nei primi dieci giorni dal parto possono attraversare stati di baby blues che si risolvono nell’arco del primo mesi di vita del figlio. La depressione post partum invece è uno stato decisamente più persistente che si manifesta attraverso sentimenti di inadeguatezza, d’incompetenza, di disperazione, di collera, di ansia, di vergogna, di ipersensibilità, di trascuratezza verso se stesse e verso il proprio bambino, talvolta di paura immotivata di far cadere o di fare del male al proprio neonato, di insonnia, di inappetenza, di mancanza di desiderio sessuale. La depressione post partum coinvolge invece circa il 10% delle donne che hanno partorito e insorge entro l’arco temporale di un anno dal parto. Anche se in misura naturalmente minore la depressione post partum (o, secondo la lettura che considero più corretta e che qui propongo, il disagio psicologico nel post partum che tra le sue forme può assumere quella depressiva) può riguardare anche i padri.

Parlare di Depressione Post Partum nelle situazioni in cui vi sia una qualche problematica del neonato (ad es. nascita di un neonato gravemente prematuro, e/o con malformazioni, e/o con patologie più o meno gravi, genetiche o no, …) è riduttivo, in quanto in questi casi per i genitori si tratta di affrontare potenti angosce legate ad una situazione realmente di rischio per il figlio e di una dimensione luttuosa dovuta ad uno scarto difficile da colmare tra bambino immaginato e bambino reale.

Un criterio per distinguere una situazione di crisi “semplicemente” legata alla nuova situazione (di attesa di un figlio o di nascita dello stesso) da una crisi che ha radici più profonde può essere la presenza di qualche problematica psicologica antecedente alla gravidanza (ad es. una donna che si dichiara molto ansiosa da sempre, o una coppia in cui nelle fasi precedenti alla gravidanza già vivesse qualche stato di crisi, …).

Differenti aspetti connessi alla nascita di un neonato (specialmente se si tratta del primo figlio) possono contribuire allo sviluppo di una depressione post partum. Tra questi:

  • situazioni di parto traumatico, quando la donna e/o il neonato sono stati in pericolo di vita durante il parto oppure quando il parto è stato vissuto in modo completamente diverso da come la donna l’aveva immaginato. A volte dopo un lungo travaglio succede qualche imprevisto, o il travaglio si blocca e la donna viene sottoposta a parto cesareo. Alcune donne vivono il cesareo come un fallimento, si incolpano di non aver avuto la forza di arrivare fino in fondo al parto naturale. Altre volte i tempi dettati dall’istituzione ospedaliera non corrispondono a quelli di cui avrebbe avuto bisogno la partoriente, la quale si sente espropriata della possibilità di partorire secondo i ritmi propri (sentiti giustamente come ritmi più naturali);
  • sentimenti di inadeguatezza rispetto all’accudimento del neonato, timori di non essere in grado di capirne i bisogni, di adeguare i propri ritmi a quelli del bimbo. Difficoltà di allattamento ad esempio generano in molte donne un senso di fallimento doloroso; problemi di sonno nel neonato producono spirali di stanchezza e frustrazione;
  • problemi di coppia che si scatenano o si acuiscono con la nascita del bimbo. Il passaggio dalla coppia all’essere in tre genera uno scombussolamento che mette alla prova qualunque coppia, anche la più sana ed equilibrata. Se qualche incrinatura è già presente, quella nuova fase di vita funge a volte da detonatore dei conflitti latenti o fino a quel momento contenuti nella loro espressione. Stati depressivi legati alla rottura dell’equilibrio di coppia possono coinvolgere uno od entrambi i partner;
  • problematiche nella gestione degli aspetti di gelosia dei fratelli più grandi rispetto al nuovo nato (gelosia che sovente è espressione di stati conflittuali che appartengono più ai genitori che non al figlio che se ne fa semplicemente portavoce);
  • problematiche con le famiglie di origine: ad esempio intrusioni da parte di queste rispetto alla gestione del neonato, oppure mancanza di supporto e di partecipazione;
  • cambiamenti di assetto di vita che la donna fatica ad affrontare: ad esempio donne che hanno attribuito un ruolo centrale nella propria immagine di sé alla propria carriera professionale, magari abituate a ritmi di lavoro serrati, possono vivere un senso di spaesamento potente ora che, quantomeno nei primi mesi di vita, i ritmi sono dettati non più da loro stesse ma dal loro bimbo;
  • differenze tra il figlio fantasticato durante la gravidanza e il figlio reale in carne ed ossa. Se lo scarto è vissuto come inaccettabile, subentrano stati di delusione profondi
  • isolamento e solitudine quando una donna non ha una rete familiare, amicale e/o sociale di supporto per cui esce poco di casa con il suo neonato, ha poco sostegno anche concreto e poche occasioni di scambio e di confronto con altre neomamme.

Per gli interventi su questa tematica si veda Colloqui di consulenza durante il post partum (puerperio) per il benessere e la protezione della relazione madre-padre-bambino C’è un libro (vedere Parto in arrivo) scritto con le colleghe dell’equipe con cui da un decennio mi occupo di temi legati alla gravidanza, al parto e al post partum (prima in Mangiagalli, ora in San Pio X, Humanitas a Milano) utile da leggere per affrontare alcuni cruciali aspetti che possono generare stati di ansia, di abbattimento, di conflitto interiore, di rabbia, di disorientamento a partire dai primissimi momenti dopo la nascita del proprio figlio e nei mesi successivi.